LE GUERRE CLIMATICHE

Il conflitto in corso tra Russia e Ucraina ha catturato l’attenzione del mondo, ma le radici di questa crisi geopolitica vanno oltre le rivalità politiche e le tensioni storiche. Sotto la superficie si nasconde una complessa interazione tra cambiamenti climatici, dipendenza dalle risorse e vulnerabilità ambientali. Siamo di fronte ad una guerra climatica.

Cause e conseguenze delle guerre climatiche

Il concetto di guerre climatiche è diventato oggetto di attenzione nel 2007, quando il capo delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha suggerito che la guerra nella regione sudanese del Darfur fosse in parte il risultato della diminuzione delle precipitazioni, causa di conflitti per l’acqua e le risorse. Allo stesso modo, sono stati tracciati collegamenti tra le rivolte della Primavera araba del 2011 e le ondate di calore nei Paesi esportatori di cereali, che hanno causato un’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari e contribuito ai disordini sociali. Sebbene gli scienziati del clima rimangano cauti nello stabilire una causalità diretta tra cambiamenti climatici e conflitti, gli strateghi militari hanno riconosciuto la necessità di incorporare i cambiamenti climatici come fattore di rischio nella pianificazione dei conflitti. Resta il fatto che il 6° rapporto di valutazione dell’IPCC  è estremamente chiaro: né le misure attuali né quelle promesse dai governi negli ultimi mesi sono lontanamente sufficienti a mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi Celsius; allo stato attuale, ogni singolo luogo abitato del pianeta subirà gli effetti della crisi climatica, con almeno la metà della popolazione mondiale in una condizione di “alto rischio”; non solo, ma la Terra sta perdendo la sua capacità di assorbire il carbonio, il che significa che le nostre possibilità di adattamento stanno diminuendo. Il collegamento diretto tra cambiamento climatico e guerre potrà essere anche debole, ma di certo non si può negare che sia un moltiplicatore di minacce, accentuando l’instabilità e quindi il rischio di conflitti sempre più violenti per risorse sempre più scarse.

Sebbene sia impossibile prevedere con certezza dove si verificheranno le prime guerre climatiche, ci sono regioni che presentano un alto rischio di sperimentare tali conflitti a causa della convergenza di vulnerabilità ambientali, instabilità politica e scarsità di risorse.

La regione del Sahel: la regione africana, che si estende su più Paesi come il Mali, il Niger e il Ciad, è altamente suscettibile agli impatti dei cambiamenti climatici. Siccità, desertificazione e scarsità d’acqua hanno già messo a dura prova i fragili ecosistemi e contribuito all’instabilità sociale ed economica. Questa regione è anche alle prese con conflitti in corso e disordini politici, che aggravano i rischi di tensioni e violenze legate al clima.

Asia meridionale: questa regione, che comprende Paesi come l’India, il Pakistan e il Bangladesh, deve affrontare molteplici problemi legati al clima. L’innalzamento del livello del mare rappresenta una minaccia significativa per le aree costiere a bassa quota, con conseguenti spostamenti e conflitti per le risorse. Inoltre, la regione dipende in larga misura dall’acqua dei sistemi fluviali condivisi, come l’Indo e il Gange, creando il potenziale per dispute sulle risorse idriche, che diventano sempre più scarse a causa dei cambiamenti climatici.

Artico: il rapido scioglimento dei ghiacci artici pone una serie di sfide uniche. Con il ritiro dei ghiacci, l’accesso a risorse preziose, tra cui petrolio, gas e stock ittici, diventa sempre più possibile. La potenziale competizione sulle risorse e le dispute territoriali tra le nazioni artiche, tra cui Russia, Stati Uniti e Canada, sollevano preoccupazioni sul futuro della regione e sul potenziale di conflitti.

Piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS, Small Island Developing States): i SIDS, come le Maldive e Tuvalu, sono minacciati dall’innalzamento del livello del mare. Queste nazioni sono particolarmente vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico, poiché possiedono risorse limitate, piccole aree terrestri e alte densità di popolazione. Lo sfollamento e la perdita di terre abitabili possono portare a un aumento delle tensioni e a potenziali conflitti per la migrazione, le risorse e le rivendicazioni territoriali.

Inoltre, la crisi climatica ha certamente esacerbato la già instabile situazione in Ucraina. Quest’ultima, nota come “granaio d’Europa” grazie alle sue importanti esportazioni di cereali, sperimenta direttamente le ramificazioni del cambiamento climatico, poiché le frequenti siccità influiscono sui raccolti e fanno salire i prezzi dei prodotti alimentari a livello globale, mettendo potenzialmente a rischio la sicurezza alimentare dei Paesi che dipendono dalle importazioni di cereali.

Il conflitto russo-ucraino: una guerra (anche) climatica

L’economia russa dipende fortemente dalle esportazioni di gas e petrolio, che contribuiscono per il 36% al bilancio federale. I Paesi europei, che ricevono il 40% del gas dalla Russia, svolgono un ruolo significativo in questo contesto. Per aggirare il territorio dell’Ucraina e di altri Paesi europei, la Russia vuole aprire il gasdotto Nord Stream 2, che consentirebbe il trasporto diretto di 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno verso la Germania attraverso il Mare Baltico. Tuttavia, la Germania sta attualmente bloccando il gasdotto, che darebbe alla Russia un maggiore controllo ed eviterebbe la dipendenza da Paesi di transito come l’Ucraina e gli Stati baltici.

Secondo gli esperti, la decisione di Putin di iniziare l’offensiva durante l’inverno è stata strategica. L’inverno è il periodo in cui la domanda di gas è più elevata e le riserve di gas europee sono solitamente a un livello basso a causa dell’aumento dei consumi dopo la ripresa del freddo. La riduzione delle forniture di gas dalla Russia negli ultimi mesi ha peraltro acuito la penuria energetica nei Paesi europei, cui però si affianca da una parte la scelta legata un cambio di rotta europeo dai combustibili fossili alle rinnovabili (una decisione vista non di buon occhio da Putin, il quale teme fortemente che questo danneggi l’economia russa), dall’altra la possibile autonomia energetica dell’Ucraina grazie alla presenza di ricchi giacimenti di petrolio e gas fossile.

Un altro fattore da considerare sono le risorse idriche: gli attacchi della Russia, per quanto sanguinari e distruttivi, sono mirati. L’esercito russo, nella sua avanzata, ha distrutto rapidamente una diga nella regione di Cherson, nell’Ucraina meridionale. L’obiettivo non era casuale: mirava a ricollegare la Crimea, che la Russia controlla dal 2014, a un canale cruciale lungo il suo confine settentrionale. Questo canale forniva acqua ai 3,7 milioni di abitanti e alle fabbriche della Crimea, fino a quando l’Ucraina non ha interrotto il flusso dopo l’annessione della Russia. Di conseguenza, negli ultimi due anni la Crimea ha dovuto affrontare una grave siccità che ha avuto un impatto significativo sulla regione. È lo stesso IPCC che riconosce l’acqua o meglio la sua scarsità come “propellente” per il sorgere e l’aggravarsi di possibili conflitti. A tal proposito, la crisi climatica dell’Ucraina sta causando siccità più frequenti, con un impatto sui raccolti e un aumento dei prezzi globali. Essendo l’Ucraina, conosciuta come il “granaio dell’Unione Sovietica”, uno dei più grandi esportatori di grano, mais, orzo e colza. Il presente conflitto rappresenta anche una minaccia per la sicurezza alimentare dei Paesi che dipendono dalle importazioni di cereali, sementi e fertilizzanti dalla Russia e dall’Ucraina. I corridoi commerciali verso il Nord Africa, il Medio Oriente e l’Asia centrale potrebbero essere interrotti, mettendo in pericolo Paesi come l’Afghanistan che hanno già subito perdite agricole a causa della siccità e dei problemi legati al clima.

Nell’esaminare le ragioni del forte interesse di Putin per l’Ucraina, è fondamentale riconoscere che la Russia, come il resto del mondo, è alle prese con le conseguenze del cambiamento climatico. Inoltre, la forte dipendenza della Russia dal permafrost, che potrebbe ridursi significativamente entro il 2050, comporta un onere finanziario sostanziale di oltre 100 miliardi di euro per le infrastrutture e le industrie del Paese. Da questo punto di vista, l’Ucraina non rappresenta solo un ostacolo agli obiettivi economici e politici della Russia o un potenziale concorrente nella produzione di gas fossile. È un territorio ricco di risorse che la Russia desidera accaparrarsi. In particolare, l’Ucraina vanta numerosi bacini idrici, detiene il 35% della biodiversità europea, nonostante occupi solo il 6% del suo territorio, e il 16% del suo territorio è coperto da foreste. L’esportazione di legname, insieme a quella di cereali, svolge un ruolo fondamentale nell’economia ucraina.

Conclusioni

Il conflitto tra Russia e Ucraina non è solo radicato nelle rivalità politiche, ma è significativamente influenzato dal cambiamento climatico e dalla dipendenza dalle risorse. Affrontare la sfida delle guerre climatiche richiede un approccio multiforme e integrato. Per affrontare efficacemente i crescenti conflitti climatici è necessario adottare misure proattive sia per prevenire le tensioni iniziali sia per prepararsi alle ripercussioni del cambiamento delle condizioni climatiche. Un importante studio pubblicato su Nature sottolinea come per migliorare stabilità e sicurezza, e per creare opportunità economiche, soprattutto nelle aree più vulnerabili, possa essere particolarmente utile investire su migliori sistemi di sicurezza e stoccaggio delle risorse alimentari. Queste misure, insieme ad altri fattori rilevanti, possono contribuire ad alleviare il potenziale impatto conflittuale del cambiamento climatico.

È evidente che le scelte decisive sono nelle mani dei politici. Senza il loro intervento, lo scenario peggiore potrebbe diventare una realtà imminente. Ma la politica intende difendere il Pianeta e l’Umanità? Ad oggi sembrerebbe che gli interessi delle Lobby Internazionali la facciano da padrone e che nessuna inversione di tendenza si sia ancora attivata.

By |2023-07-25T14:56:20+00:00luglio 25th, 2023|Network, News|0 Comments